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Allarme rosso per l’AI: IBM smonta il business dei data center

Il ceo di ibm, arvind krishna, mette in guardia sugli investimenti faraonici nell'intelligenza artificiale: profitti impossibili con gli attuali costi e tecnologie obsolete.
  • Consumo energetico data center: solo il 14% è destinato all'AI.
  • Un data center da 1 gigawatt costa circa 80 miliardi di dollari.
  • Investimento stimato hyperscaler: 8 trilioni di dollari per 100 gigawatt.
  • Alphabet prevede una spesa tra 91 e 93 miliardi di dollari nel 2025.

L’attuale panorama tecnologico è testimone di una corsa sfrenata all’investimento nell’intelligenza artificiale (AI), con giganti del settore come Google e Amazon che riversano miliardi di dollari in infrastrutture dedicate. Tuttavia, non tutti condividono l’ottimismo dilagante. Arvind Krishna, CEO di IBM dal 2020, solleva seri dubbi sulla sostenibilità economica di tali investimenti massicci.

## L’analisi costi-benefici di Krishna

Krishna, in un’intervista al podcast Decoder, ha espresso scetticismo riguardo alla capacità delle aziende tecnologiche di ottenere un ritorno adeguato sui loro investimenti in data center. La sua argomentazione si basa su un calcolo semplice ma efficace: i data center richiedono ingenti quantità di energia e capitali.

Secondo una stima di Goldman Sachs, il consumo energetico globale dei data center si aggira intorno ai 55 gigawatt, di cui solo il 14% è destinato all’AI. Con la crescente domanda di AI, questo fabbisogno potrebbe salire a 84 gigawatt entro il 2027. Tuttavia, la costruzione di un data center da un solo gigawatt comporta un costo stimato di 80 miliardi di dollari. Se una singola azienda decidesse di realizzare infrastrutture per 20-30 gigawatt, l’investimento raggiungerebbe 1.5 trilioni di dollari, una cifra paragonabile all’attuale capitalizzazione di mercato di Tesla.

Krishna stima che l’insieme degli hyperscaler potrebbe arrivare a investire 8 trilioni di dollari per raggiungere una capacità di 100 gigawatt. Un investimento di tale portata richiederebbe profitti annui di circa 800 miliardi di dollari solo per coprire gli interessi. “A mio parere, è impossibile ottenere un ritorno su un investimento del genere“, ha affermato Krishna.

## L’obsolescenza tecnologica come fattore di rischio

Un ulteriore elemento di rischio è rappresentato dalla rapida obsolescenza delle tecnologie. I chip che alimentano i data center diventano rapidamente obsoleti, richiedendo una sostituzione completa ogni cinque anni. Questo ciclo di aggiornamento continuo aumenta ulteriormente i costi e riduce il periodo di tempo disponibile per ammortizzare l’investimento iniziale.

## La corsa all’AGI e le sue incertezze

Krishna suggerisce che una delle motivazioni principali dietro questa ondata di investimenti è la competizione tra le grandi aziende tecnologiche per raggiungere l’AGI (Artificial General Intelligence), un’AI in grado di eguagliare o superare l’intelligenza umana. Tuttavia, Krishna ritiene che la probabilità di raggiungere questo obiettivo con la tecnologia attuale sia al massimo dell’1%, nonostante i progressi compiuti dai modelli linguistici di grandi dimensioni.

Pur riconoscendo l’utilità dell’AI per le imprese e il suo potenziale per sbloccare trilioni di dollari di produttività, Krishna sottolinea che l’AGI richiederà tecnologie diverse da quelle attualmente utilizzate.

## Investimenti in crescita e prospettive future

Nonostante i dubbi sollevati da Krishna, gli hyperscaler continuano a investire massicciamente in infrastrutture AI. Si stima che solo quest’anno gli investimenti raggiungeranno i 380 miliardi di dollari. Alphabet, la società madre di Google, ha aumentato le sue previsioni di spesa in conto capitale per il 2025, portandole tra 91 e 93 miliardi di dollari, rispetto alla stima precedente di 85 miliardi. Anche Amazon ha rivisto al rialzo le sue stime di spesa in conto capitale, portandole a 125 miliardi di dollari rispetto ai 118 miliardi precedenti.
## Riflessioni conclusive: tra prudenza e innovazione

In un contesto di rapida evoluzione tecnologica e investimenti colossali, le parole di Arvind Krishna invitano a una riflessione critica sulla sostenibilità economica e sull’effettivo ritorno degli investimenti in infrastrutture AI. Mentre la corsa all’AGI continua, è fondamentale valutare attentamente i rischi e le opportunità, evitando di farsi trascinare da un ottimismo eccessivo.
*

Amici, parliamoci chiaro. L’automazione, nel suo significato più basilare, è come avere un assistente che fa il lavoro ripetitivo al posto nostro. Nel contesto di cui sopra, significa che i data center, che sono il cuore pulsante dell’AI, devono diventare più efficienti e consumare meno energia. Altrimenti, rischiamo di spendere un sacco di soldi per qualcosa che potrebbe diventare obsoleto in fretta.
Ma c’è di più. L’automazione avanzata, quella che chiamiamo “scalabilità produttiva”, è come avere un esercito di assistenti che lavorano in sinergia per raggiungere un obiettivo comune. Nel caso dell’AI, significa che dobbiamo trovare il modo di far lavorare insieme hardware e software in modo più efficiente, in modo da poter gestire quantità sempre maggiori di dati senza spendere una fortuna.

E qui sorge la domanda: siamo sicuri che questa corsa sfrenata all’AI sia davvero la strada giusta? Non rischiamo di investire troppo in qualcosa che potrebbe non dare i frutti sperati? Forse dovremmo fermarci un attimo a riflettere e chiederci se non ci siano alternative più sostenibili e intelligenti.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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