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- Solo il 5% dei progetti GenAI genera crescita misurabile.
- Oltre metà investimenti AI in Sales & Marketing, con scarsi ritorni.
- Soluzioni esterne più efficaci (67%) di quelle interne (33%).
## L’illusione svanita: il 95% dei progetti AI non genera valore
L’ondata di entusiasmo che ha travolto il mondo dell’intelligenza artificiale generativa (GenAI) sembra destinata a infrangersi contro la dura realtà dei bilanci aziendali. Un recente studio del MIT, intitolato “The GenAI Divide: State of AI in Business 2025”, ha gettato un’ombra inquietante sulle prospettive di redditività di questa tecnologia, rivelando che ben il 95% dei progetti pilota non si traducono in una crescita misurabile dei ricavi.
Questo dato allarmante contrasta con l’euforia che ha caratterizzato il settore negli ultimi anni, alimentando la nascita di quasi 500 “unicorni” – aziende non quotate valutate oltre il miliardo di dollari – con un valore aggregato di circa 2700 miliardi. Un boom che ricorda da vicino la frenesia speculativa dell’era dot-com, con il rischio concreto di una nuova bolla finanziaria.

## Le cause del fallimento: un “learning gap” organizzativo
Secondo il rapporto del MIT, il problema non risiede tanto negli algoritmi stessi, quanto nella capacità delle aziende di integrarli efficacemente nei propri processi. Un vero e proprio “learning gap” organizzativo, caratterizzato da processi aziendali fragili, scarsa contestualizzazione delle soluzioni e mancanza di allineamento operativo, impedisce spesso il passaggio dalla fase sperimentale all’impatto concreto sui conti aziendali.
In particolare, lo studio evidenzia come oltre la metà degli investimenti in AI siano destinati a Sales & Marketing, settori che raramente generano ritorni consistenti. Viceversa, le maggiori opportunità di guadagno si palesano nell’automatizzazione delle funzioni di back-office e nella contrazione dei costi di esternalizzazione, settori sovente trascurati.
Un aspetto cruciale concerne la metodologia di implementazione: le soluzioni acquisite da fornitori esterni si dimostrano più efficaci (67% dei casi) rispetto ai progetti sviluppati internamente (33%), soprattutto in contesti normativi stringenti come quello finanziario.
## Wall Street trema: il crollo delle azioni AI
Le rivelazioni del MIT hanno scosso i mercati finanziari, innescando un’ondata di vendite nel comparto tecnologico e, in particolare, nell’ecosistema AI. Titoli come Nvidia, Arm Holdings e Palantir hanno subito pesanti perdite, alimentando i timori di una correzione dopo la corsa eccezionale dei mesi precedenti.
Nonostante ciò, è importante sottolineare che i principali finanziatori dell’AI (Microsoft, Google, Meta, Amazon) sono realtà solide con profitti e flussi di cassa imponenti, in grado di sostenere investimenti pluriennali. Ciò mitiga la possibilità di una repentina crisi di liquidità, fenomeno comune nelle precedenti bolle speculative.
## Un futuro incerto: verso un “reshaping” della workforce
Il rapporto del MIT suggerisce che l’impatto dell’AI sul mondo del lavoro sarà più graduale e complesso di quanto si prevedesse. Non si prospettano licenziamenti di massa, bensì una lenta ridefinizione dei ruoli, con posizioni di supporto e amministrazione che non verranno più occupate.
Parallelamente, i precursori del settore stanno già testando i sistemi di Agentic AI, ovvero strumenti capaci di apprendere e operare autonomamente entro parametri definiti, aprendo nuove vie per l’automazione e l’ottimizzazione aziendale.
## Oltre l’hype: un approccio pragmatico all’AI
In definitiva, il rapporto del MIT invita a un approccio più pragmatico e realistico all’AI, superando l’hype e concentrandosi su applicazioni concrete e misurabili. Le aziende che sapranno integrare efficacemente questa tecnologia nei propri processi, puntando su soluzioni specializzate e partnership mirate, saranno in grado di estrarre valore reale e ottenere un vantaggio competitivo duraturo.
Amici, parliamoci chiaro: l’automazione non è una bacchetta magica. Una nozione base da tenere sempre a mente è che l’automazione di un processo inefficiente non fa altro che renderlo più velocemente inefficiente. Serve una profonda analisi e riprogettazione dei processi prima di automatizzarli.
E se vogliamo spingerci oltre, una nozione avanzata è quella di automazione adattiva. Non si tratta solo di automatizzare un processo, ma di creare sistemi che imparano e si adattano in tempo reale alle variazioni del contesto, ottimizzando continuamente le performance.
Quindi, prima di lanciarvi a capofitto nell’AI, fermatevi un attimo a riflettere: state davvero risolvendo un problema, o state solo creando un nuovo modo di sprecare risorse? La risposta a questa domanda potrebbe fare la differenza tra il successo e il fallimento del vostro progetto.