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Food delivery, la cassazione cambia tutto: i rider sono dipendenti?

La sentenza n. 28772/2025 ridefinisce il lavoro dei fattorini, inquadrandoli come collaboratori organizzati da terzi con le tutele del lavoro dipendente. Approfondiamo le implicazioni e i possibili scenari futuri per il settore.
  • Sentenza n. 28772/2025: rider tutelati come dipendenti.
  • Algoritmo aziendale: consegne in 30 minuti, sanzioni in caso contrario.
  • Cassazione: prevale la sostanza sulla forma contrattuale. Sentenza 1663/2020 ratificata.

La Corte di Cassazione ha emesso la sentenza n. 28772/2025, depositata il 31 ottobre, che potrebbe ridefinire il panorama del food delivery in Italia. La decisione stabilisce che i fattorini sono da inquadrarsi come collaboratori organizzati da terzi e, di conseguenza, beneficiano delle protezioni tipiche del lavoro dipendente. Questa pronuncia avvalora un precedente indirizzo della Suprema Corte, secondo cui un assetto contrattuale autonomo non esclude l’applicazione delle normative del lavoro subordinato qualora sussistano continuità, prevalenza della persona nella prestazione e direzione da parte del committente.

## Il meccanismo “rimediale” e la dissociazione tra forma e sostanza

La sentenza si basa sull’articolo 2 del decreto legislativo 81/2015, che introduce un meccanismo “rimediale”. Tale norma stabilisce che le collaborazioni caratterizzate da continuità, prevalenza dell’apporto personale e organizzazione da parte del committente rientrano sotto l’ombrello delle disposizioni sul lavoro subordinato. Questo assetto genera una dicotomia tra la configurazione giuridica del patto (formalmente autonomo) e la sua effettiva disciplina (quella del lavoro subordinato), con lo scopo di prevenire utilizzi impropri e assicurare salvaguardie più robuste ai lavoratori dell’economia digitale.

L’impresa di consegne, parte in causa nel ricorso, aveva sostenuto che il possesso e l’utilizzo della bicicletta da parte dei rider costituisse un tratto distintivo dell’autonomia lavorativa. La Cassazione ha rigettato tale argomentazione, considerandola ininfluente: la disponibilità del mezzo non incide sulla qualificazione del rapporto, che pur rimanendo formalmente indipendente, è regolato come subordinato quando il controllo organizzativo è esercitato dal committente. Il carattere personale dell’attività viene meno esclusivamente se il lavoratore può delegare ad altri l’esecuzione dell’incarico, evenienza esclusa nei contratti dei rider.

## Continuità della prestazione e potere di etero-organizzazione

L’etero-organizzazione e la costanza della prestazione: la Corte d’appello, con il successivo avallo della Cassazione, ha riconosciuto la natura ininterrotta della collaborazione, basandosi sulla natura non episodica delle mansioni. Piuttosto che soffermarsi sulla quantità media di turni realmente eseguiti in un mese, si guarda anche a quelli selezionati dal lavoratore, dato che l’azienda manteneva la prerogativa di affidare la consegna a un altro rider, anche se un altro si era già reso disponibile. Questo elemento testimonia l’esistenza di un vincolo costante, che si ripete nel tempo, e quindi compatibile con le caratteristiche del lavoro dipendente.

Una pietra miliare della sentenza riguarda l’etero-direzione, ossia la potestà del datore di lavoro di definire i tempi e gli spazi di svolgimento dell’attività lavorativa. Per essere più precisi, l’azienda utilizzava un algoritmo per organizzare le consegne, fissando, inoltre, dei limiti temporali per la loro esecuzione: ogni commissione doveva essere completata entro trenta minuti, e l’inosservanza di questo termine comportava sanzioni o una diminuzione delle future opportunità di lavoro. Secondo la Cassazione, tale meccanismo dimostra in maniera inequivocabile il controllo esercitato dall’azienda sulle modalità operative del rider, configurando così un autentico potere direttivo.

In sintesi, la Cassazione ha riaffermato il principio essenziale: ciò che conta non è la forma contrattuale, ma la vera essenza del rapporto. E quando l’organizzazione, i tempi e le sedi di svolgimento dell’attività sono imposti dal committente, sia per decisioni umane che tramite un algoritmo, il collaboratore ha diritto alle stesse garanzie di un lavoratore dipendente. La pronuncia n. 28772/2025, come già evidenziato, ratifica l’orientamento già espresso nella sentenza n. 1633/2020. Si prevedono ora sviluppi; le imprese di food delivery potrebbero optare per una modifica delle proprie procedure operative al fine di tutelare i propri ricavi.

## Implicazioni e possibili scenari futuri

La sentenza della Cassazione potrebbe avere un impatto significativo sul settore del food delivery. Le aziende potrebbero essere costrette a rivedere i contratti con i rider, offrendo maggiori tutele e garanzie. Questo potrebbe tradursi in un aumento dei costi di gestione, che potrebbe essere scaricato sui consumatori o assorbito dalle aziende stesse.

Un’altra possibile conseguenza è un aumento della precarietà del lavoro dei rider. Le aziende potrebbero cercare di aggirare la sentenza, ad esempio ricorrendo a forme di somministrazione di lavoro o riducendo il numero di rider impiegati. In ogni caso, la decisione della Cassazione rappresenta un punto di svolta nella regolamentazione del lavoro nella gig economy e potrebbe aprire la strada a nuove tutele per i lavoratori digitali.

## Verso un nuovo equilibrio nel food delivery?
La sentenza della Cassazione pone una questione fondamentale: come bilanciare la flessibilità del lavoro nella gig economy con la necessità di garantire tutele adeguate ai lavoratori? La risposta a questa domanda non è semplice e richiederà un confronto tra tutti gli attori coinvolti: aziende, lavoratori, sindacati e istituzioni.

L’automazione, la scalabilità produttiva e la trasformazione digitale sono elementi chiave del moderno food delivery. Tuttavia, è fondamentale che questi progressi tecnologici non vadano a discapito dei diritti dei lavoratori. La sentenza della Cassazione rappresenta un passo importante verso un nuovo equilibrio, in cui l’innovazione tecnologica si coniuga con la tutela del lavoro.

Ora, immagina di essere un rider. Hai mai pensato a come un algoritmo decide il tuo percorso, i tuoi tempi, il tuo guadagno? È un po’ come essere un ingranaggio in una macchina complessa, no? La sentenza della Cassazione cerca di umanizzare un po’ questa macchina, riconoscendo che dietro ogni consegna c’è una persona, con i suoi diritti e le sue esigenze.

E se ti dicessi che l’automazione può essere un’alleata, non un nemico? Pensa a un sistema che, invece di sfruttare i rider, li supporti, ottimizzando i percorsi, riducendo i tempi di attesa, garantendo un compenso equo. Un sistema che tenga conto non solo dei numeri, ma anche del benessere dei lavoratori.

Un concetto avanzato di automazione potrebbe essere l’utilizzo di intelligenza artificiale per prevedere la domanda, ottimizzare la logistica e garantire una distribuzione equa del lavoro tra i rider, tenendo conto delle loro preferenze e disponibilità. Un sistema del genere richiederebbe un approccio etico e trasparente, in cui i dati vengono utilizzati per migliorare la vita dei lavoratori, non per controllarli.

La riflessione che ti propongo è questa: come possiamo sfruttare la tecnologia per creare un futuro del lavoro più umano e sostenibile? Un futuro in cui l’automazione sia al servizio delle persone, non viceversa.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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